Introduzione

"Come scrittori di romanzi non siamo capiti".
Introduzione di Ugo Gugiatti a "L'uomo delle taverne", romanzo del Pinchet

domenica 4 marzo 2012

Clint Eastwood - J. Edgar - Anno 2012

Siamo giunti con gioia all'annuale appuntamento con il nuovo lavoro del celeberrimo Clint. Questa volta si tratta di un racconto biografico, che attraverso la vita dell'antipatico, ossessionato, cinico e geniale J. Edgar Hoover, ci racconta l'America dal primo dopoguerra agli anni '70, attraversando alcuni dei casi politici internazionali più importanti del secolo scorso. Tutto quello che Hoover ha vissuto raccogliendo dossier su chiunque, spiando e controllando, nella sua personale battaglia per i valori di un ipotetico “Paese ideale” contro i radicali, la malavita, gli avversari politici. Il fondatore e direttore storico del Bureau (FBI), cui dedicò la vita e per cui sacrificò la vita, è interpretato da un Leonardo Di Caprio che vale l'Oscar. Ma anche gli altri elementi del cast non scherzano, a partire dalla gelida Naomi Watts nei panni della segretaria fedele Helen Gandy e dal vice Clyde Tolson cui presta il volto, da bamboccio, un bravo Arnie Hammer. Judi Dench è invece la madre padrona a cui Edgar è sempre stato devoto. Non era compito semplice raccontare uno degli uomini più potenti e discussi d'America facendo emergere tutte le sue manipolazioni ma al tempo stesso, descrivere con distacco il trasporto represso per un altro uomo, la maniacale precisione, le innovazioni che portarono a grandi risultati per l’indagine del tempo. Da cineteca e tipiche della classe del regista almeno tre scene: il primo incontro con la futura segretaria nella biblioteca, la reazione gelosa di Tolson che sfocia nel bacio gay, e infine quella in cui Tolson, ormai vecchio, smaschera una ad una le menzogne di Edgar, con uno scambio di fazzoletto che sottolinea con un passo magistrale la grande passione fra i due. Tanti presidenti degli Stati Uniti hanno convocato Hoover a inizio mandato per liberarsene; alla fine si è sempre liberato lui di loro. Li ha guardati sfilare dalla finestra del suo ufficio, conoscendone già gli altarini. Lui sapeva tutto di tutti. Clint, che per limiti temporali non ha potuto scavare a fondo in tutte le vicende che hanno riguardato Hoover, ha invece descritto l’uomo con la sua mano sicura, con la sua ricercatezza per scenografie e costumi, usando più di altre volte il flashback, in un film che per essere apprezzato del tutto va visto più di una volta. Sembra, per certi versi, fratello di “Changeling”, il lavoro del 2008 in cui l'81enne di San Francisco metteva alla berlina la polizia californiana degli anni ‘30; ne sfiora gli argomenti con l’indagine sul caso Lindbergh. Eastwood è l’ultimo dei classici, da studiare.

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